martedì 25 novembre 2008

QUARTA LEZIONE

TEMPO DI STUDIO: 1 h

PERIODO: Ottobre

Il generatore elettrico di tensione

Un generatore elettrico può essere considerato come un sistema capace di separare e mettere in movimento, nei conduttori di cui è formato, un certo numero degli elettroni liberi presenti. Indipendentemente dalla loro struttura costruttiva reale i generatori elettrici possono essere schematizzati come in figura 1.

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Lungo il circuito interno del generatore hanno sede e si sviluppano delle forze Fe le quali tendono a dislocare gli elettroni liberi fra i due punti estremi A e B di tale circuito, chiamati poli o morsetti del generatore.

Sulla superficie esterna del polo B si realizza un addensamento d’elettroni in eccesso, mentre sulla superficie del polo A si rende libera un’eguale quantità di cariche elementari positive: il dislocamento degli elettroni cessa quando le azioni intrinseche Fe del generatore sono equilibrate dalle azioni attrattive F che vengono a manifestarsi nel verso opposto, secondo la legge di Coulomb, fra le cariche positive e negative separate.

L'aspetto più importante di questo processo è rappresentato dal fatto che ad ogni elettrone che viene spostato dal polo positivo al polo negativo viene conferita una certa energia potenziale: quest’energia equivale al lavoro sviluppato dalle forze Fe del generatore per dislocare tal elettrone vincendo le forze coulombiane di richiamo.

L'energia potenziale che si rende disponibile ai morsetti del generatore è tale da permettere, agli elettroni che vengono dislocati fra un morsetto e l'altro del circuito interno, di percorrere poi un circuito esterno che venga direttamente allacciato al generatore, come in figura 2.

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Nel circuito esterno che conterrà l'apparecchio utilizzatore U, potrà allora instaurarsi una corrente elettrica, in altre parole uno scorrimento continuo di cariche sostenuto dalle forze interne del generatore Fe il quale sospinge con continuità gli elettroni di conduzione mano a mano che essi abbandonano il morsetto negativo B e rientrano nel morsetto positivo A.

Questo processo continuo di scorrimento delle cariche, è reso possibile dal fatto che quando un certo numero d’elettroni lascia il morsetto B per attraversare il circuito esterno e rientrare nel morsetto A, si determina una riduzione delle forze coulombiane di reazione F (perché cala il numero delle cariche dislocate sui morsetti), con la conseguenza che le forze intrinseche del generatore Fe tornano a prelevare e a produrre lo spostamento d’altrettanti elettroni nel circuito interno dal morsetto A al morsetto B.

Il movimento delle cariche elettriche attraverso un circuito utilizzatore non può avvenire liberamente, ma soltanto a spese di una certa quantità d’energia, poiché in ogni apparecchio utilizzatore è sempre sottratta una certa energia agli elettroni che lo attraversano, per essere trasformata in quelle altre forme d’energia che caratterizzano lo specifico modo di funzionare dell'utilizzatore stesso.

Forza elettromotrice del generatore

La grandezza che caratterizza l'attitudine di un generatore elettrico a fornire quantità d’energia più o meno grandi alle cariche è denominata: "forza elettromotrice (f.e.m.) del generatore"

Con questa grandezza (indicata col simbolo E) si vuole rappresentare la quantità di energia che è fornita, dal generatore, alla carica di valore unitario.

Il numero che esprime il valore della f.e.m. altro non è, che il numero di joule che quel generatore è in grado di fornire ad ogni coulomb che è spostato da un morsetto all'altro.

La f.e.m. rappresenta con ciò anche la misura del lavoro che il generatore compie per dislocare, lungo il suo circuito interno, la carica unitaria da un polo all'altro.

Sulla base delle precedenti definizioni, l'unità di misura con la quale rimane espressa la f.e.m. è il joule a coulomb.

Quest’unità è denominata volt in onore del fisico italiano Alessandro Volta e indicata col simbolo V.

Essa è definita dalla seguente relazione:

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