mercoledì 26 novembre 2008

BIBLIOGRAFIA

Preferisco per il momento non suggerire testi per lo studio,
non avendo finora individuato libri adatti per gli studenti (ne viceversa!!!)
Raccomando pertanto l'attenzione reale in classe e un minimo di esercitazione a casa (quando si può !!).

martedì 25 novembre 2008

VERIFICA FINALE

TEMPO DI STUDIO: dipende dall'abilità acquisita dall'allievo
PREREQUISITI: metodi di risoluzione reti
OBIETTIVI: verifica competenza raggiunta nell'analizzare un circuito resistivo lineare con più generatori.

Per la parte relativa a resistenze serie e parallelo, e partitori di tensione e corrente:
ESERCIZI 2.1 e 2.3 (3 + 3 punti)
Per alla risoluzione delle reti in regime stazionario (sovrapposizione degli effetti):
ESERCIZIO 3.4 (4 punti)

TEMPO TOTALE: 55 minuti

ESERCITAZIONE PER VERIFICA

TEMPO DI STUDIO A CASA : almeno tre ore
PREREQUISITI: metodi di risoluzione reti
OBIETTIVI: verifica grado di competenza raggiunta nell'analisi di un circuito resistivo lineare con più generatori.

Per la parte relativa a :
  1. resistenze serie e parallelo,
  2. partitori di tensione e corrente
  3. risoluzione delle reti in regime stazionario (sovrapposizione degli effetti
ESERCIZI






OTTAVA LEZIONE

TEMPO DI STUDIO: 30 MINUTI

PERIODO: Novembre

Principi di Kirchhoff

I circuiti di distribuzione dell'energia elettrica, come pure i circuiti interni degli apparecchi elettrici, si presentano spesso come una vera e propria rete di conduttori costituita da un certo numero di circuiti poligonali chiusi formati da uno o più lati: ognuno di questi circuiti costituisce una maglia della rete, e i punti di concorso di più lati ne costituiscono i nodi.

La figura schematizza una rete elettrica: vi sono indicati i generatori che agiscono nei vari lati e le resistenze dei lati stessi.

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Il problema principale connesso a simili circuiti si propone la determinazione, in valore e verso, delle correnti che percorrono i singoli lati delle maglie. Per tale determinazione servono i due principi di Kirchhoff.

Si consideri una maglia qualsiasi, ad esempio la maglia ABCD, i cui lati hanno rispettivamente le resistenze R1, R2, R3, R4, comprese anche le resistenze interne dei generatori di f.e.m. E1, E2, E3, inseriti nei lati AB, BC e CD.

Siano I1 I2 I3, I4 le correnti nei quattro lati della maglia, e siano quelli indicati in figura i loro versi fissati ad arbitrio.

Nel nodo A della maglia concorrono quattro lati, due percorsi dalle correnti I1, e I4 appartenenti alla maglia ABCD e due percorsi delle correnti I5, I6, appartenenti a maglie adiacenti.

Dato che nel nodo A non può aversi né accumulo né sottrazione di cariche elettriche (condizione di continuità), ad ogni carica che arriva al nodo deve corrispondere, nello stesso intervallo, un’eguale carica che si allontana.

Ma la quantità di elettricità che nell'unità di tempo arriva al nodo A non è altro che la somma delle intensità di correnti dirette verso il nodo stesso, e la corrispondente quantità uscente non è altro che la somma delle correnti che si allontanano dallo stesso nodo.

Ne deriva che: "la somma delle correnti dirette verso un nodo di una rete è uguale in valore alla somma di tutte le correnti che se ne allontanano"

Quando si considerino positive le correnti dirette verso il nodo e negative quelle che partono dal nodo, si può dire che la somma algebrica delle correnti che convergono in un nodo è nulla.

E' questo il primo principio di Kirchhoff, che applicato al nodo A può essere scritto nelle forme

I5 + I6 - I1 - I4 = 0

I5 + I6 = I1 + I4

Per quanto riguarda il secondo principio, si consideri ancora la maglia precedente e si supponga di percorrerla nel verso in cui si eseguono i punti A, B, C, D (verso di percorrenza).

Si applichi la legge di Ohm ai singoli tratti successivi AB, BC, CD, DA della maglia in questione, tenendo presenti i versi delle f.e.m. e delle correnti indicate nella figura.

VAB - E1 = R1 I1

VBC + E2 = -R2 I2

VCD + E3 = R3 I3

VDA = - R4 I4

Facendo la somma, a membro a membro, di queste espressioni si ottiene

- E1 + E2 + E3 = R1 I1 - R2 I2 + R3 I3 - R4 I4

Essendo nulla evidentemente la somma

VAB + VBC + VCD + VDA = 0

Eseguita lungo il percorso chiuso dalla maglia.

Al primo membro della relazione si ha la somma algebrica delle f.e.m. agenti nella maglia considerata (assumendo come positive le f.e.m. dirette secondo il verso di percorrenza, e negative quelle dirette in verso opposto); al secondo membro si ha la somma algebrica dei prodotti delle resistenze per le intensità delle correnti ossia delle cadute di tensione dei singoli lati della maglia (considerando positive quelle relative ai lati in cui le correnti hanno verso uguale a quello di percorrenza, e negative le cadute nei lati ove le correnti hanno verso opposto a quello di percorrenza).

La relazione sopra citata compendia il secondo principio di Kirchhoff, che può essere così enunciato: "La somma algebrica delle f.e.m. che agiscono in una maglia è uguale alla somma algebrica delle cadute ohmiche lungo i lati della stessa maglia"

Per l'applicazione dei principi di Kirchhoff nella risoluzione di una rete si procede nel modo seguente: si fissano ad arbitrio i versi delle correnti nei lati delle maglie e si applica il primo principio ai nodi della rete, escluso uno; si applica poi il secondo principio a un sufficiente numero di maglie, in modo da avere tante equazioni indipendenti quante sono le correnti incognite che bisogna determinare: la risoluzione, mediante le regole dell'algebra, del sistema d’equazioni così ottenuto, determina in valore e verso le correnti incognite. A titolo di esempio si consideri la rete riportata in figura 2.

Il problema è quello di determinare, in valore e verso, le correnti che percorrono i sei lati della rete.

A tal fine, prefissati ad arbitrio i versi delle correnti nei singoli lati, come indicato in figura, si applica il primo principio ai nodi A, B, C e il secondo principio alle maglie ABCA, ABDA e BCDB: si ottengono ordinatamente le sei equazioni seguenti

I1 = I2 + I3 ; I2 + I4 = I5 ; I6 + I5 = I1

E1 - E2 = R1 I1 + R2 I2 + R5 I5

-E2 = R2 I2 - R4 I4 - R3 I3

0 = R5 I5 - R6 I6 + R4 I4

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Figura 2

Si hanno dunque sei equazioni indipendenti, quante sono le correnti incognite, che possono essere determinate, in grandezza e segno, risolvendo il sistema: le correnti che risulteranno positive avranno verso opposto a quello indicato.

SETTIMA LEZIONE

TEMPO DI STUDIO: 30 MINUTI

PERIODO: Novembre


LA LEGGE DI OHM


L'esperienza dimostra che al crescere della tensione agli estremi di un filo (conduttore), cresce nella stessa proporzione anche la corrente che lo attraversa. Se la tensione diventa doppia, tripla ecc. si raddoppia, si triplica ecc. la corrente.

Se l'esperienza viene ripetuta variando le dimensioni (lunghezza e sezione) del conduttore oppure variando la natura del conduttore (adottando successivamente fili di rame, alluminio, ferro ecc.) si trova ancora che il rapporto fra le diverse tensioni applicate e le rispettive correnti si conserva costante: ma questo rapporto ha un valore diverso da un caso all'altro e cioè sotto la stessa tensione, due o più conduttori diversi vengono attraversati da correnti diverse. Si esprime questo fatto sperimentale affermando che: "conduttori diversi offrono al passaggio della corrente diversa resistenza elettrica"

Intendendo, come resistenza elettrica di un conduttore, il rapporto fra il valore della tensione applicata ai capi del conduttore e il corrispondente valore dell'intensità della corrente che lo percorre.

Se pertanto, sotto l'azione della tensione V, un filo metallico è percorso da una corrente di intensità I, si dirà che esso possiede una resistenza R espressa dal rapporto

R = V/I

Se è nota la resistenza R del conduttore, si può dire che, ogni volta che fra i suoi estremi si applica una tensione qualunque V, il conduttore sarà percorso da una corrente che ha l'intensità

I = V/R

Inversamente, ogni qualvolta un conduttore di resistenza R è percorso da una corrente d'intensità I, fra i suoi capi terminali si manifesta una differenza di potenziale (caduta di tensione o caduta ohmica) il cui valore è dato dal prodotto

V = R I

Questi fatti sperimentali e le relazioni corrispondenti costituiscono la legge di Ohm. Se il numero di volt che misura la tensione V applicata agli estremi del conduttore è in particolare uguale al numero di ampere che misura la corrente I, il valore del rapporto fra tensione e corrente risulta uguale a 1: si dirà allora che: "il conduttore considerato ha la resistenza elettrica unitaria"

Ogni conduttore che soddisfa a questa condizione realizza in sé quella resistenza elettrica che è assunta come unità di misura della resistenza.

Tale unità rappresenta la resistenza di quel conduttore che richiede ai suoi capi la tensione di 1V per essere attraversato dalla corrente di 1A.

In onore del fisico tedesco George Simon Ohm, l'unità di resistenza elettrica è denominata ohm e indicata col simbolo W . Si pone quindi

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Sostenendo che un filo ha la resistenza elettrica di 10 W , si esprime che quel filo richiede ai capi una tensione di 10V per ogni ampere di corrente che lo attraversi.

Se quel filo deve essere percorso da 2A, esso richiede ai suoi capi estremi una tensione del valore di 20V.

Ad esempio: se il filamento di una lampada a incandescenza, alimentato alla tensione di 220V, è attraversato dalla corrente di 0,5A si dirà che il filamento in questione ha una resistenza elettrica

R = U/I = 220/0,5 = 440 W

In pratica, oltre l'ohm, si usano spesso:

il kiloohm ( 1kW =103 W)

il megaohm (1MW =106 W)

come unità di misura per le grandissime resistenze;

il milliohm (1mW =10-3W )

oppure il microohm (1 mW = 10-6 W )

per la misura delle resistenze piccole e piccolissime.

Un materiale che presenti una resistenza elettrica dell'ordine dei megaohm sarà naturalmente un cattivo conduttore, perché anche sotto una tensione relativamente elevata sarà attraversato da una corrente piccola: sotto la tensione di 1V, un conduttore di resistenza uguale a 1MW è attraversato da una corrente di 1mA.

Talvolta si preferisce scrivere la legge di Ohm, anziché nella forma V=RI che esprime la proporzionalità fra tensione e corrente, nell'altra forma

I = G U

Ciò stabilisce la proporzionalità fra corrente e tensione.

La grandezza G è chiamata conduttanza ed è legata alla resistenza R della relazione

G = I/U = 1/R

La sua unità di misura è l'inverso dell'ohm ed è denominata siemens (S), in onore dell’inventore tedesco Werner Von Siemens:

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Conduttori con elevata resistenza presentano bassa conduttanza e viceversa.

Ad esempio, il filamento della lampada ad incandescenza considerata in precedenza presenta una conduttanza del valore

G = I/V = 0,5/220 = 0,0023 S

Il simbolo grafico della resistenza e della conduttanza è stato normalizzato come indicato in figura

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Simboli grafici per resistenza R o conduttanza G

I tratti a linea intera rappresentano collegamenti a resistenza nulla o a conduttanza infinita.

SESTA LEZIONE

TEMPO DI STUDIO: 1h

PERIODO: Novembre

Corrente elettrica

Un movimento ordinato di cariche elettriche attraverso un dato mezzo fisico, è chiamato corrente elettrica.

Ogni complesso di conduttori comunque collegati a generatori e a utilizzatori costituisce un circuito elettrico.

Il circuito così definito è sede di una corrente ogni qualvolta esso è chiuso, e cioè ogni qualvolta è realizzata in esso la continuità metallica fra tutti gli elementi che lo compongono.

Se tale continuità viene a mancare, il circuito si dice aperto e nessuna corrente può instaurarsi in esso.

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Il movimento di migrazione delle cariche elettriche lungo un circuito interessato da corrente può presentarsi con caratteristiche d’uniformità e costanza nel tempo: in questo caso la corrente è definita come continua.

Si parla invece di corrente variabile quando la circolazione degli elettroni non si realizza in modo uniforme e costante.

In ogni caso, il movimento degli elettroni in seno ai conduttori metallici è sempre tale che da ogni elemento di volume esce da una parte tanti elettroni quanti n’entrano da un'altra (legge della continuità). Perciò ogni sezione dell'intero circuito chiuso percorso da corrente deve essere attraversato, nello stesso intervallo, da uno stesso numero d’elettroni, ossia dalla stessa quantità d’elettricità.

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"La maggiore o minore intensità di corrente elettrica, può essere definita mediante la quantità d’elettricità che attraversa una qualsiasi sezione del circuito nel tempo unitario"

Poiché la quantità di elettricità si misura in coulomb, l'intensità di corrente risulta allora definita dal numero di coulomb che attraversa ogni sezione del circuito nel tempo di un secondo, e la sua unità diventa il coulomb al secondo.

Quest’unità è stata denominata col nome ampere e indicata col simbolo A.

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Se una sezione qualunque di un circuito elettrico è attraversata, in un certo tempo di Dt secondi, da una quantità d’elettricità di Q coulomb, si dirà che il circuito è percorso da una corrente elettrica la cui intensità I, espressa in ampere, è data dal rapporto

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Inversamente, se un circuito è percorso dall'intensità di I ampere, tutte le sezioni del circuito vengono attraversate nel tempo di Dt secondi da un numero di coulomb espresso dal prodotto

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Rappresentazione cartesiana della corrente continua i(t) in funzione del tempo

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Le due relazioni sopra descritte implicano che l'intensità di I resti costante per tutto l'intervallo Dt, che si tratti perciò di una corrente continua, come quella rappresentata in figura.

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In questa figura è facile controllare che l'area delimitata dall'intervallo Dt fornisce una rappresentazione della quantità d’elettricità Q.

Rappresentazione cartesiana della corrente alternata i(t) in funzione del tempo

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Qualora invece la corrente sia di tipo variabile, la sua intensità non assume più un valore costante I, ma si presenta diversa da un istante all'altro, come nell'esempio riportato in figura.

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Anche in questo caso l'area sottostante alla curva della corrente i(t) è delimitata dall'intervallo di tempo Dt rappresenta la quantità di elettricità Q che fluisce durante questo intervallo entro il circuito.

Se si esegue il rapporto tra tale area e la base Dt si ottiene la corrente media I relativa all'intervallo Dt considerato: il significato che assume la intensità media è quello di una corrente continua e costante che nell'intervallo Dt è capace di trasportare la stessa quantità di elettricità Q che è effettivamente trasportata dalla corrente variabile i(t).

Nella pratica applicativa, si presenta spesso la necessità di controllare come si distribuisce il flusso degli elettroni all'interno di un filo conduttore percorso da corrente.

A tal fine è presa in considerazione la densità di corrente, definita dal rapporto fra la corrente I che attraversa la sezione S del conduttore e la sezione stessa.

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La densità di corrente rappresenta il numero d’ampere che attraversa ogni unità di sezione del conduttore: nelle normali applicazioni di calcolo essa è espressa usualmente in ampere al millimetro quadrato (A/mm2).

Negli ordinari circuiti, la densità di corrente deve essere mantenuta al disotto dei 3 A/mm2 per evitare forti riscaldamenti del conduttore.

QUINTA LEZIONE

TEMPO DI STUDIO: 1h

PERIODO: Ottobre

La tensione elettrica

Nel linguaggio scientifico è chiamato potenziale elettrico di un punto "il valore dell'energia potenziale posseduta dalla carica unitaria dislocata in quel punto". Il simbolo del potenziale elettrico è V. La sua formula di definizione è espressa dal rapporto

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Tra il valore dell'energia potenziale W posseduta dalla carica e il valore della carica stessa. Secondo la definizione l'unità di misura del potenziale è ancora il joule/coulomb e cioè il volt.Si dirà pertanto che: "il potenziale di un assegnato punto P, di un circuito elettrico ha il valore Vp=120V quando l'energia posseduta dalla carica di 1C concentrata in tale punto P è di 120J"

Il significato di questa grandezza fisica è molto importante.

Il potenziale elettrico esprime, infatti, una misura del contenuto energetico di una carica che si trova dislocata in un determinato punto. Il contenuto d’energia sarà maggiore se la carica è dislocata in punti a potenziale più alto, sarà invece minore se i punti in cui la medesima carica si trova a potenziale più basso. Si può dire quindi che l'energia di una carica elettrica dipende sia dal valore Q di tale carica, che dal valore del potenziale V che si riscontra nel punto in cui la carica si trova. La relazione per il calcolo di quest’energia si ricava dalla precedente formula ed ha la forma

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Quando i potenziali elettrici VA e VB di due qualsiasi punti A e B sono fra loro diversi, la differenza

VAB = VA - VB

E’ chiamata differenza di potenziale (d.d.p.) fra i due punti, o tensione elettrica.

La tensione fra due punti rappresenta in tal modo la quantità d’energia che è ceduta dalla carica unitaria che passa dal primo al secondo punto, o anche il lavoro che è eseguito dalla carica unitaria. Per questo, l'energia DW che è ceduta da una carica di valore Q che si sposta fra i punti A e B sarà espressa dalla relazione

DW = VAB Q

In un generatore l'effetto ultimo delle azioni interne è quello di mantenere i due poli a potenziale di valore diverso, creando fra essi una tensione che equivale al valore della f.e.m., e cioè al valore dell’energia che tali azioni interne forniscono alla carica unitaria.

Ne segue che: "la forza elettromotrice di un generatore è pari alla differenza di potenziale che essa determina (e mantiene) fra i due poli del generatore"

QUARTA LEZIONE

TEMPO DI STUDIO: 1 h

PERIODO: Ottobre

Il generatore elettrico di tensione

Un generatore elettrico può essere considerato come un sistema capace di separare e mettere in movimento, nei conduttori di cui è formato, un certo numero degli elettroni liberi presenti. Indipendentemente dalla loro struttura costruttiva reale i generatori elettrici possono essere schematizzati come in figura 1.

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Lungo il circuito interno del generatore hanno sede e si sviluppano delle forze Fe le quali tendono a dislocare gli elettroni liberi fra i due punti estremi A e B di tale circuito, chiamati poli o morsetti del generatore.

Sulla superficie esterna del polo B si realizza un addensamento d’elettroni in eccesso, mentre sulla superficie del polo A si rende libera un’eguale quantità di cariche elementari positive: il dislocamento degli elettroni cessa quando le azioni intrinseche Fe del generatore sono equilibrate dalle azioni attrattive F che vengono a manifestarsi nel verso opposto, secondo la legge di Coulomb, fra le cariche positive e negative separate.

L'aspetto più importante di questo processo è rappresentato dal fatto che ad ogni elettrone che viene spostato dal polo positivo al polo negativo viene conferita una certa energia potenziale: quest’energia equivale al lavoro sviluppato dalle forze Fe del generatore per dislocare tal elettrone vincendo le forze coulombiane di richiamo.

L'energia potenziale che si rende disponibile ai morsetti del generatore è tale da permettere, agli elettroni che vengono dislocati fra un morsetto e l'altro del circuito interno, di percorrere poi un circuito esterno che venga direttamente allacciato al generatore, come in figura 2.

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Nel circuito esterno che conterrà l'apparecchio utilizzatore U, potrà allora instaurarsi una corrente elettrica, in altre parole uno scorrimento continuo di cariche sostenuto dalle forze interne del generatore Fe il quale sospinge con continuità gli elettroni di conduzione mano a mano che essi abbandonano il morsetto negativo B e rientrano nel morsetto positivo A.

Questo processo continuo di scorrimento delle cariche, è reso possibile dal fatto che quando un certo numero d’elettroni lascia il morsetto B per attraversare il circuito esterno e rientrare nel morsetto A, si determina una riduzione delle forze coulombiane di reazione F (perché cala il numero delle cariche dislocate sui morsetti), con la conseguenza che le forze intrinseche del generatore Fe tornano a prelevare e a produrre lo spostamento d’altrettanti elettroni nel circuito interno dal morsetto A al morsetto B.

Il movimento delle cariche elettriche attraverso un circuito utilizzatore non può avvenire liberamente, ma soltanto a spese di una certa quantità d’energia, poiché in ogni apparecchio utilizzatore è sempre sottratta una certa energia agli elettroni che lo attraversano, per essere trasformata in quelle altre forme d’energia che caratterizzano lo specifico modo di funzionare dell'utilizzatore stesso.

Forza elettromotrice del generatore

La grandezza che caratterizza l'attitudine di un generatore elettrico a fornire quantità d’energia più o meno grandi alle cariche è denominata: "forza elettromotrice (f.e.m.) del generatore"

Con questa grandezza (indicata col simbolo E) si vuole rappresentare la quantità di energia che è fornita, dal generatore, alla carica di valore unitario.

Il numero che esprime il valore della f.e.m. altro non è, che il numero di joule che quel generatore è in grado di fornire ad ogni coulomb che è spostato da un morsetto all'altro.

La f.e.m. rappresenta con ciò anche la misura del lavoro che il generatore compie per dislocare, lungo il suo circuito interno, la carica unitaria da un polo all'altro.

Sulla base delle precedenti definizioni, l'unità di misura con la quale rimane espressa la f.e.m. è il joule a coulomb.

Quest’unità è denominata volt in onore del fisico italiano Alessandro Volta e indicata col simbolo V.

Essa è definita dalla seguente relazione:

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TERZA LEZIONE

TEMPO DI STUDIO: 30 MINUTI

PERIODO: Ottobre

Interazioni tra cariche elettriche :

la legge di Coulomb

Come si è già osservato, la proprietà fondamentale dei corpi elettrizzati è quella di dar luogo a reciproche azioni repulsive o attrattive a seconda che le cariche da essi portate siano dello stesso segno o di segno contrario: a questi tipi di interazione, data la loro particolare origine, viene dato il nome di forze elettriche.

Lo scienziato francese Charles-Augustin de Coulomb, adottando la bilancia di torsione, da lui stesso inventata per la misura delle forze, mise in luce che queste forze (chiamate anche forze coulombiane) sono tanto più intense quanto maggiori sono le quantità d’elettricità portate dall'uno o dall'altro dei corpi elettrizzati; variano notevolmente al variare della distanza che separa i corpi elettrizzati; sono influenzate dal mezzo fisico che circonda i corpi elettrizzati.

Egli arrivò all’enunciazione della seguente legge sperimentale (legge di Coulomb):

"Due cariche elettriche puntiformi Q1 e Q2 si attraggono (se di segno contrario) o si respingono (se dello stesso segno) con una forza F che è proporzionale al prodotto dei loro valori ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza d che le separa". Questa legge trova la sua espressione matematica in una formula del tipo:

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Il valore numerico della costante di proporzionalità K (costante di Coulomb) dipende dalle unità di misura adottate per la forza, per la distanza e per le cariche.

E' importante osservare, che in ogni caso la costante K dipende anche dalla natura del mezzo fisico che circonda e separa le due cariche elettriche.

Per quanto riguarda la misura delle quantità di elettricità Q, essendo in pratica molto scomoda esprimersi per mezzo del numero, sempre straordinariamente grande, delle cariche elementari che partecipano ai fenomeni di elettrizzazione, si preferisce adottare come unità di misura non già la carica elementare, ma una quantità multipla di essa che viene denominata coulomb (C).

SECONDA LEZIONE

TEMPO DI STUDIO: 30 MINUTI

PERIODO: Settembre

Classificazione dei materiali

I materiali conduttori

Si chiamano conduttori quei corpi che si lasciano facilmente attraversare dalle cariche elettriche e sono capaci di guidarle secondo determinati percorsi utili.

I materiali conduttori, e in particolare i metalli, sono caratterizzati dalla presenza, al loro interno, di un certo numero d’elettroni liberi, in altre parole totalmente svincolati dai rispettivi nuclei.

Ciò è reso possibile dal fatto che nei metalli alcuni elettroni periferici vengono a trovarsi in zone interatomiche in cui le azioni esercitate su di essi dai nuclei circostanti si elidono a vicenda: gli elettroni presenti in tali zone possono così muoversi liberamente e dare luogo al fenomeno della conduzione.

I materiali isolanti

Si chiamano isolanti quei corpi attraverso cui l'elettricità non può trasmettersi e propagarsi, e perciò sono impiegati a sostenere i conduttori delle macchine elettriche, delle linee e degli apparecchi, affinché le stesse cariche che li attraversano non abbiano a disperdersi.

I materiali semiconduttori

Oltre ai materiali conduttori e agli isolanti, nella tecnica sono ampiamente utilizzati anche i materiali semiconduttori, così chiamati per le loro proprietà intermedie fra i conduttori e gli isolanti. (per approfondire...)

PRIMA LEZIONE

TEMPO DI STUDIO: 45 MINUTI

PERIODO: Settembre

PREREQUISITI: elementi di fisica del biennio

L'elettricità

Tutti i fenomeni elettrici derivano dalle forze che interagiscono fra alcune delle particelle che sono presenti negli atomi della materia. Tali particelle sono i protoni e gli elettroni. Esse costituiscono le cariche elettriche elementari, denominate “positive” e “negative”.

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Le cariche elettriche hanno la seguente proprietà:

"cariche d’eguale segno si respingono, di segno opposto si attraggono"

Inoltre: tutte le azioni che sono emanate da una carica positiva, sono eguali ed opposte a quelle che sarebbero prodotte da una carica negativa, considerate nelle stesse condizioni.

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Ne segue che ogni corpo in cui siano presenti cariche elettriche positive e negative in eguale numero non rileva all'esterno alcuna delle proprietà specifiche delle cariche elementari che lo costituiscono, in pratica si presenta elettricamente neutro.

Quando invece si trovano raggruppate cariche elettriche positive e negative in numero diverso, la materia presenta le proprietà delle cariche elementari di maggior numero, e si dice allora che è elettrizzata.

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Un atomo può essere concepito come un minuscolo sistema solare: nel centro dell'atomo, al posto del sole, si trova il nucleo; intorno allo stesso ruotano, a distanze diverse, come i pianeti intorno al sole, gli elettroni.

Oltre al protone e all'elettrone esiste una terza particella costitutiva della materia, che è chiamata neutrone in quanto essa è elettricamente neutra.

La prima orbita elettronica è sempre occupata al massimo da due soli elettroni; la seconda orbita invece può raggiungere il numero massimo d’otto elettroni; le eventuali altre orbite successive sono tali da contenere sempre un ben determinato numero d’elettroni, completato il quale si passa a un'altra orbita, fino all'ultima che potrà essere completa o incompleta secondo i casi.

Naturalmente, ogni corpo si presenta elettricamente neutro, poiché ciascuno dei suoi atomi è formato da tanti elettroni quanti sono i protoni del nucleo.

In condizioni opportune però ad un atomo elettricamente neutro può essere sottratto uno o più elettroni satelliti. In tal caso l'atomo si presenterà elettrizzato positivamente poiché vengono a prelevare in esso le cariche positive del nucleo rispetto alle cariche negative periferiche. Si dirà quindi che un corpo è elettrizzato positivamente quando ad esso sia stato sottratto un certo numero di elettroni: è invece elettrizzato negativamente ogni corpo il quale poserà un certo numero di elettroni in eccesso. La carica elettrica o quantità d’elettricità di un corpo è sempre data dall'eccesso Q di cariche elettriche positive o negative che esso contiene, rimanendo sottinteso il fatto che in ogni corpo allo stato neutro esiste sempre un eguale numero di cariche positive e negative. Ai fini delle applicazioni pratiche è di grande importanza la possibilità di realizzare facilmente il trasferimento delle cariche dal punto in cui sono liberate ad un altro, oppure la possibilità opposta di impedire lo spostamento delle cariche stesse.

Entrambe queste possibilità sono sfruttate nella tecnica utilizzando, nel primo caso, i cosiddetti materiali conduttori, e nel secondo i materiali isolanti. Lo vedremo nella prossima lezione.